Melvin Jones, il fondatore del Lions International, nacque a Fort Thomas, Arizona, il 13 gennaio 1879.
Suo padre era il capitano Calvin Jones dell’esercito degli Stati Uniti, e comandava una truppa di esploratori sotto il Generale Neison Miles, famoso combattente contro gli indiani; sua madre era Lidia M. Gibler che partorì ed allattò il suo bambino sotto la costante minaccia delle incursioni indiane.
Fort Thomas era un avamposto sul fiume Gila, tra Santa Teresa e le Gila Mountains, a poche miglia dalla roccaforte degli Apache.
Appena tre anni prima della nascita di Melvin, una banda di indiani Sioux aveva circondato e massacrato nel Montana una squadra di scout del Generale Custer; nello stesso periodo, in Arizona, gli Apache stavano erigendo la loro ultima barriera contro l’invasione dell’uomo bianco.
Sotto la guida del grande guerriero Cochise e, più tardi, del crudele e valoroso combattente Geronimo, essi attaccarono con malvagità l’espansione delle frontiere dei bianchi, con frequenti massacri sia di bianchi che di altre tribù indiane.
Il padre di Melvin rimase nel cuore dei combattimenti fino al 1886, anno in cui Melvin aveva appena sette anni.
In quel tempo Geronimo fu catturato e confinato in una riserva indiana in Oklaoma facendo crollare così l’ultima sacca di resistenza dei pellerossa.
I ricordi dell’adolescenza di Melvin sono una mescolanza di cavalli e di truppe con casacche azzurre, squilli di trombe e grida di guerra, carovane di carri con smunti colonizzatori e tanta polvere.
A Melvin questa vita non piaceva ed ha ricordato di essere fanciullescamente felice quando suo padre fu trasferito in una nuova postazione nel Nord e sua madre pianse lacrime di gioia quando sentì la notizia.
La famiglia Jones ha abitato a St. Louis e a Quincy nell’ Illinois e Melvin frequentò le scuole elementari in ambedue le città.
Di fatto faceva una specie di vita militare, istruendosi come poteva; nell’età giovanile frequentò un corso di studi commerciali allo Union Business College e ricevette un’infarinatura di studi giuridici al Chaddock College di Quincy.
L’eccitazione e la confusione della sua precoce adolescenza sono state la causa della sua indecisione: “lo non posso decidere se essere un avvocato oppure un tenore; la mia voce mi ha reso subito popolare nella scuola”; ma quando Melvin si spostò a Chicago, a venti anni, rinunziò sia alla legge che alla musica ed accettò un lavoro in una agenzia di assicurazioni della Johnson & Higgins.
Il ragazzo era intelligente e sveglio; nel 1913 egli era divenuto titolare della Melvin Jones Agenzia di Assicurazioni e questa era la sua strada; ma prima ancora, nel 1909, egli aveva incontrato, corteggiato e sposato una graziosa ragazza di Chicago che era anche una delle grandi donne giocatrici di golf della sua epoca.
Si chiamava Rose Amanda Freeman, che ha chiuso la sua carriera con una spettacolare partita, vincendo il titolo nazionale femminile di golf a Pinehurst, Nord Carolina, nel 1925.
“Forse sono stato il primo vedovo di un record”, Melvin diceva spesso, ma non lo pensava perché sua moglie fu una compagna costante ed un forte braccio destro agli inizi della sua carriera.
Un giorno, mentre Melvin era seduto nel suo ufficio di assicurazioni, meditando come la sua vita di assicuratore fosse colma di successi a soli 33 anni di età, un uomo d’affari ben noto lo invitò a pranzo, “per incontrare qualcuno dei ragazzi”; i “ragazzi” erano i soci del Business Club di Chicago, che tenevano il loro settimanale pranzo nella vecchia Boston Oyster House.
Il Business Circle, come centinaia di circoli similari sparsi nel territorio, era composto di leader in ogni campo degli affari e del commercio; il loro slogan era “Tu gratti la mia schiena ed io gratterò la tua [1]” e il messaggio chiarissimo: fare affari: i soci si patrocinavano l’un l’altro, ognuno di loro forniva servizi o prodotti e gli incontri erano finalizzati soltanto ai loro propri interessi.
Essi diedero il benvenuto al nuovo arrivato e lo fecero sentire come a casa sua; Melvin Jones fu invitato ad associarsi ed egli lo fece.
Era veramente un privilegio appartenere al Business Circle, ma per questo giovane entusiasta era anche una sfida.
Egli usò le sue doti di manager per vitalizzare ed incrementare i soci del circolo ed introdusse nuove idee nell’attività del club; nell 1915, quando uno dei membri anziani fu nominato presidente, questi disse che avrebbe rinunziato alla nomina se Melvin Jones non fosse stato nominato segretario e ambedue furono eletti.
Nel suo lavoro come segretario del circolo il giovane Jones cominciò ad avere la vaga sensazione che qualcosa nel quadro d’insieme non funzionasse.
C’erano quasi 200 influenti uomini d’affari e di successo riuniti in un club il cui potenziale, se fosse stato realizzato, avrebbe potuto avere una grande influenza per il bene della loro comunità. Invece, loro si incontravano, cenavano, si scambiavano pacche sulle spalle e ritenevano una buona giornata quella in cui avrebbero ottenuto validi profitti.
In molte altre città, ed anche in Chicago, altri gruppi di uomini stavano facendo le stesse cose.
Perché, si chiese Melvin Jones, non possiamo indirizzare questo gruppo e fornire servizi in un’altra sfera della vita della comunità?
“Tu stai lavorando da solo a morte per qualcuno senza essere pagato”, diceva sua moglie guardando gli impegni del Circolo che sottraevano tempo all’Agenzia di Assicurazioni ed al suo proprietario.
“Forse sto scoprendo che non si va tanto lontano a meno che non si cominci a fare qualcosa per qualcun’altro” rispose suo marito, “e ciò non dovrebbe danneggiare alcuno di quei club, come il nostro circolo, se anch’essi ne venissero a conoscenza”.
inseguendo il suo pensiero sull’azione di gruppo, nel 1916 Melvin iniziò a scrivere lettere agli altri club, sensibilizzandoli sulla questione della formazione di un’associazione nazionale.
Ii suo ufficio di assicurazioni divenne il quartiere generale della campagna; lui e la signora Jones lavorarono notti e notti inondati di domande e conseguenti risposte.
Alcune risposte erano incoraggianti, molte invece erano del tipo “pensate agli affari vostri e noi penseremo ai nostri’.
Ma al di fuori della confusione di parole, crebbe l’entusiasmo per una nuova idea di club service e in quel piccolo ufficio, in quelle notti del 1916, lo spirito del lionismo, se non la sua realtà, era nato.
infine, con un bagaglio di informazioni e di incoraggiamenti raccolti dalla corrispondenza, visite agli altri club e lunghe conferenze con gli associati, Melvin Jones lavorò per inculcare l’idea di affiliazione ai soci del Business Circle.
Non è difficile immaginare quale fatica si sobbarcò Melvin per far recepire questa idea ai soci del suo Circle, soci che fino ad allora avevano perseguito fini solo utilitaristici; ma con la sua tenacia non solo riuscì a convincere i suoi consoci della necessità di trasformare le finalità del circolo, ma anche dell’opportunità di creare collegamenti con altri club.
Alla fine dell’anno il consiglio direttivo del suo circolo approvò l’idea.
Egli, senza por tempo in mezzo, si mise ancora in contatto con gli altri club, fra cui quelli del Dr. Woods: il “Royal Order of Lions”, sorto nel 1901, e l’”International Association of Lions Clubs”, sorto nel 1916.
Il 7 giugno 1917, su invito di Melvin Jones, 20 delegati rappresentanti 27 club di varie parti degli Stati Uniti si incontrarono nell’East Room dell’Hotel La Sane di Chicago: nonostante l’ampia gamma di interessi e personalità coinvolte, la riunione filò liscia e il consenso favorì la formazione di un’associazione.
Soltanto quando si trattò di dare il nome al nuovo gruppo iniziarono aspri contrasti: nessuno era disponibile a diventare figliastro senza lottare e le discussioni furono animatissime.
Erano rappresentati, oltre ai gruppi Lions del Dr. Woods, gli Optimist, i Reciprocity Clubs, il Wheels, il Concordia Club di Omaha, il Business and Professional Men di St. Paul, il Cirgonians di Los Angeles, il gruppo Vortex dl St. Louis e Detroit.
Melvin Jones era preparato a questo scontro e, sfoderando tutte le sue doti di manager, riuscì a stremare alcuni dei partecipanti; egli preferiva il nome “Lions” e varie erano le motivazioni che giustificavano questa scelta, che trovava supporto anche nei soci del suo Club.
Melvin aveva fatto una considerevole ricerca nelle leggende, nell’araldica e nella zoologia, ed era convinto che il leone emergesse per coraggio, forza, fedeltà ed azione vitale e poteva contare sul fatto che le organizzazioni Lions già esistenti, quelle del Dr. Woods, erano le più numerose.
Egli era pronto a depositare nell’urna la sua preferenza a quella denominazione, ma dopo che gli Optimist andarono fuori in un pessimistico eccesso d’ira, suggerì di aggiornare la riunione.
Certamente il nucleo del Lionismo nacque in questo meeting, in cui furono gettate le basi di un’organizzazione che stava per diventare il più grande e più efficace sodalizio di uomini orientati al service nella storia del mondo.
Alla convention del 1919 ci fu un tentativo di cambiare il nome, ma un giovane avvocato di Denver (Colorado) prese la parola.
Si chiamava Halsted Ritter e disse: “Il nome Lions non rappresenta solo fratellanza, amicizia, forza di carattere e propositi, ma soprattutto le lettere che compongono il nome annunciano al paese il vero significato dell’impegno verso la comunità: Liberty, Intelligence, Our Nation’s Safety [2]”.
L’idea dell’acrostico piacque e calmò gli animi, facendo superare tutte le reticenze.
Nel numero di gennaio 1931 della rivista LION, un articolo forniva la seguente interpretazione del nome dell’associazione: “Il nostro nome non è stato scelto a caso e non è neanche un nome di fantasia. Da tempo immemorabile, il leone è il simbolo del bene ed è per questa simbologia che è stato scelto il nome. L’adozione di questo nome è principalmente legata a quattro preminenti qualità: coraggio, forza, vitalità e fedeltà. Quest’ultima qualità, la fedeltà, ha un significato profondo e speciale per tutti i Lions. Il simbolo del leone è da sempre simbolo di fedeltà, attraverso il tempo e le nazioni, antiche e moderne. Rappresenta la lealtà agli amici, la lealtà ai principi, la lealtà al dovere, la lealtà alla fiducia”.
Tuttavia molto rimaneva ancora da perfezionare e se ne trattò al primo congresso tenuto a Dallas nel 1917 e al secondo congresso tenuto a St. Louis nel 1918.
Nessuno pensò, in quelle occasioni, di registrare i dettagli dell’infanzia del Lions International: l’adozione dell’emblema, i colori ufficiali, il codice dell’etica, gli scopi del lionismo e un corposo statuto vennero più tardi.
Ma un fatto emerge come un raggio di luce nella confusione della storia: Melvin Jones era il fondatore del Lions International, il padre dei suoi delle sue finalità e dei suoi programmi, la guida per il suo grande futuro.
Egli fu aiutato da alcuni uomini presenti negli anni della sua leadership; uomini che per il loro grande numero restano praticamente innominati; ne parlò Charles F. Kettering, che dichiarò: “Nulla che sia mai stato costruito si è sollevato a toccare i cieli se alcuni uomini non avessero sognato che si dovesse; alcuni credettero che si sarebbe potuto; altri vollero che si dovesse”.
Melvin Jones continuò il lavoro di agenzia di assicurazioni in Chicago sino al 1926, ma la sua attività principale rimase il lionismo; aiutato dalla signora Jones e da alcuni volontari riuscì a sistemare i meccanismi di una nuova e fiorente organizzazione.
Il primo bilancio presentato al congresso di St. Louis del 1918 evidenziava un aumento di 17 Club rispetto al congresso di Dallas del 1917, con un totale di 42 Club; indicava, inoltre, che il Segretario-Tesoriere, di nome Jones, aveva ricevuto un rimborso di 200 dollari per 11 mesi di lavoro straordinario.
Nel 1950, quando i soci sono passati a 400.000 registrati, il Consiglio di Amministrazione Internazionale conferi a Melvin Jones il titolo di Segretario Generale del Lions International a vita.
Nel 1958 il Board gli cambiò il titolo ufficiale in “Fondatore e Segretario Generale”. Ma, forse, la sua più grande emozione e ricompensa venne nel 1953 quando, dopo 32 anni, nella ristretta sede sociale del Palazzo McCormick di Chicago, egli si alzò in piedi sul palco del Congresso Internazionale e prese parte all’inaugurazione del magnifico palazzo di proprietà della “sua” associazione sulla North Michigan Avenue di Chicago, al numero 209, simbolo della più grande organizzazione di servizio del mondo ma, più ancora, monumento vivente al fondatore.
Melvin Jones fu tenuto in grande considerazione e gli sono state conferite molte onorificenze durante la sua vita.
Nel 1932 il Presidente degli Stati Uniti lo ha incaricato di selezionare un gruppo di manager esecutivi che avrebbero presenziato alla conferenza sui problemi economici che si sarebbe tenuta alla Casa Bianca.
Nel 1939 il Governo di Cuba lo ha decorato con l’Ordine al Merito Nazionale di Carlos Manuel de Cespedes, la più importante delle decorazioni civili.
Nel 1945 è stato premiato con l’Ordine di Merito ed Onore della Croce Rossa Cubana. Nello stesso anno ha partecipato alla conferenza di Washington per ii piano preliminare delle Nazioni Unite e, nell’aprile dello stesso anno, è stato a S. Francisco a rappresentare il Lions International come consulente nella storica organizzazione delle Nazioni Unite.
L’ufficio di Melvin Jones, nell’attuale sede internazionale di Oak Brook, contiene centinaia di riconoscimenti di cui fu insignito da molte organizzazioni e dai suoi amici Lions.
Fra le ultime, e anche la più pregiata, è contenuta una pergamena presentata dal Presidente Finis E. Davis a favore del Lions International in occasione dell’ottantaduesimo compleanno di Melvin, festeggiato al Chicago Central Lions Club.
Quella sera il gruppo Chicago Central, che era stato ii Business Circle quando Melvin ne entrò a far parte nel 1913, annunciò l’istituzione di una borsa di studio perpetua in suo onore.
Una tragedia si è abbattuta su Melvin Jones nel 1954, quando Rose Amanda, sua moglie e compagna per 45 felici anni, è morta.
In una breve lettera egli scrisse: “Presto, presto, brezza del sud; riportami la primavera, riportami l’estate. Riportami i fiori, gli uccelli, mia moglie … Il luogo che ho creduto fosse mio è privo di vita senza di loro”.
Ma quando la solitudine è sembrata impossibile a contenersi, la provvidenza portò nella sua vita una nuova compagna, affascinante e colta vicina di casa, che fu servizievole e sollecita nel vuoto del dolore di Melvin.
Nel mese di giugno del 1956, con una semplice ma solenne cerimonia, Ulian M. Radigan divenne la signora Jones e da quel momento, fino alla sua morte, è stata per lui una costante compagna, il suo scudo contro la solitudine e la disperazione, guardia della sua salute e conforto; attraverso il suo amorevole aiuto, la brezza dell’estate riportò la felicità nel suo giardino e, come l’amore umano può allontanare il buio eterno, così lei lo mantenne attivo e felice al servizio della sua fratellanza Lion.
Nel novembre del 1959, mentre stava per indirizzare un messaggio in occasione della celebrazione dell’anniversario del Lions Club di Edmont, in Canada, Melvin subì una prima crisi cardiaca ma, a dispetto dell’attacco indossò il suo abito da sera e ricevette un’ovazione stando seduto su una sedia a rotelle.
Con la sua testardaggine, si rifiutò di accettare le infermità di una età avanzata, creando stupore nei propri collaboratori; fino a pochi mesi prima che la morte lo raggiungesse, egli è apparso regolarmente al suo tavolo di lavoro nell’ufficio della Sede Centrale, viaggiando giornalmente da solo dalla sua casa suburbana.
Non mancò ad alcuno degli importanti avvenimenti e dei febbrili appuntamenti legati alla Convention del 1960, dove gli applausi per il più grande dei Lions scuotevano le travi.
Così, quando la morte lo raggiunse, nel 1961, non fu considerata un’intrusa oppure la vincitrice di una lotta, ma come un ospite atteso, perché la gagliarda struttura e l’animo impaziente, che avevano ispirato e guidato una fratellanza di gentiluomini del mondo verso grandi vette di prestigio e di influenza mondiali, alla fine era divenuta stanca.
Nel momento in cui le tenebre lo hanno avvolto, Melvin Jones prese la mano della sua amata Lilian e si inoltrò nella pace eterna.
La “perfetta presenza” registrata dal Lion Melvin Jones è stata interrotta solo dalla morte.
Nel corso della sua vita, con la sua tenacia, ha cambiato l’intero concetto di sodalizio con una semplice frase contenuta nello statuto del Lions lnternational: “Nessun club potrà avere come una delle sue finalità il guadagno finanziario dei suoi soci.”
La sua semplice filosofia di vita: “Non potrai andare molto lontano finché non comincerai a fare qualcosa per qualcun’altro” è diventato un motto per uomini dedicati ad azioni di buona volontà che fanno qualcosa per i bisognosi e per i meno fortunati del mondo libero facendo un miracolo che nel passato era soltanto un sogno.
Il suo ufficio alla Sede Centrale è mantenuto come un sacrario e costituisce un monumento al suo service per il lionismo.
Nei cuori e nei ricordi degli uomini del lionismo, e nei cuori degli innumerevoli esseri umani con coraggio rinnovato e speranza verso il mondo, Melvin Jones non è morto, “ma su questa strada in cui il cammino dei mortali ha fatto alcuni inutili passi avanti e più vicini alla fine, anche tu, una volta oltre la curva, incontrerai ancora questo gentile amico che credevi morto”.
Egli, invece, vivrà per sempre come simbolo della grande Associazione che fondò e tramite il suo programma di servizio altruista; e moltiplicherà la sua influenza per un service umanitario permanente, destinato a nel tempo.
Tratto da ANTOLOGIA DEL LIONISMO, a cura di Pino Canafio
Editore Lions Club Bologna Archiginnasio – 1995
Aggiornato nel 2016
[1] Give me your help and soon I will return it.
[2] Libertà, Intelligenza, Sicurezza del Nostro Paese.
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